Me la son presa comoda e la pausa estiva è diventata un pò autunnale ma right here we go.
Grazie a chi si è aggiunt* nel periodo non collegato
Due premesse prima di spiegare il titolo:
– Cocomelon è umilmente “ the third most-subscribed and 2nd most-viewed channel on YouTube” (fonte: Wikipedia) con un pubblico molto child e contenuti cartoon 3D a base di filastrocche e canzoni ovviamente “in goal”. Se volete un confronto: ha raccolto più minuti di visualizzazione (ordine di grandezza: billions) di Squid Recreation e Bridgerton messi insieme (fonte).
Diciamo un model con discreta consciousness e retention di visualizzazioni, almeno fino a quando le candeline da spegnere diventano 3 o 4 e il/la child inizia a guardare altro.
(potremmo anche ragionare sulla qualità delle visualizzazioni raccolte ma per oggi apposto così)
– Emily in Paris: lo devo spiegare? Non credo ma lo faccio più che altro per me nonostante gli perception da parte di mia moglie (❤️). Probabilmente uno dei titoli di riferimento di Netflix e sicuramente un trending subject in grado di preoccupare Macron. Ma, con cinismo da marketer, anche una piattaforma originale di product placement con tanto di partnership con Google (Lens) per acquistare in tempo reale gli outfit in puntata.
Dove sto andando a parare?
Ci sono: in quest’articolo si riprende un tweet X in cui si definisce EIP un “CoComelon for adults”. L’autrice (che riprendeva la conferma della nuova stagione) si riferisce probabilmente alla facilità di fruizione e alle trame leggere, potenzialmente ripetibili on and on.
Io (da cinico marketer) ci ho aggiunto dei pezzi: Emily è un contenuto di ovvio leisure capace di tenere attaccato il pubblico (tendenzialmente adulto) in modo massivo e continuativo. Quindi: consciousness abbinata a retention, i due ingredienti che ogni piattaforma e ogni media devono avere per poter ospitare promoting.
Se gli utenti non mi filano e non restano abbastanza, quale azienda vorrà darmi soldi per ospitare comunicazioni commerciali?
Emiliy in Paris (come si ragiona anche nell’articolo che ho linkato sopra da Il Put up) funziona appunto da (retail?) media e ha attirato (tra gli altri) model premium (AMI Paris, Boucheron, Baccarat, Augustinus Unhealthy, fino a qualche passaggio di Porsche e Louis Vuitton) decisamente coerenti col temper della serie.
E magari desiderosi di trovare altri sbocchi comunicativi rispetto ai soliti canali.
Emily in Paris come touchdown web page in movimento con attori che indossano i prodotti?
Emily in Paris come social video commerce/televendita senza ansia da QVC?
Emily in Paris come mega colab con tremendous content material creator?
Emily in Paris come piccola Cocomelon forse davvero.
Con conclusione finale: non tutti i model possono e vogliono ambire/spendere tanto MA sicur* non esistano situazioni analoghe (e più piccole) da sfruttare nel nostro settore?
Altri hyperlink
A presto,
Nicola